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Chi vuole muovere il mondo,

muova prima se stesso

Socrate

 

L’uomo è stato dotato della ragione e del potere di creare,

 così che egli potesse aggiungere del suo a quanto gli è stato donato.

Ma finora egli  ha  agito poco da creatore, e molto da distruttore.

Rade al suolo le foreste, prosciuga i fiumi,

estingue la flora e la fauna selvatica,

altera il clima e abbruttisce la terra ogni giorno di più.
Anton Cechov

In mancanza di misure urgenti l’abbattimento delle emissioni di gas serra, in poco più di qualche  decennio, il riscaldamento globale supererà la soglia del non ritorno, che gli scienziati  prevedono fra pochi decenni, con effetti catastrofici sul clima e, di conseguenza, su tutta la nostra vita.

Oggi, stiamo già vivendo il clima del futuro e stiamo affrontando già scenari catastrofici come lo scioglimento dei ghiacciai e la progressiva scomparsa delle barriere coralline. Se vogliamo avere delle speranze per il futuro non dobbiamo negare che il riscaldamento globale ed i suoi effetti collaterali devastanti, non sono solo presenti e reali, ma mettono a rischio la salute e la sicurezza e la salute nostra e delle generazioni future.

Ma purtroppo ai cambiamenti climatici, come per esempio le estati ormai torride e gli inverni troppo miti, ci stiamo tutti lentamente abituando, così come ci stiamo assuefacendo addirittura al mare infestato di plastica, ai ghiacciai che si sciolgono, alle deforestazioni, alle desertificazioni, ed alla scomparsa della biodiversità di alcune specie animali e vegetali.

E allora, evitando di prenderci la responsabilità politica, ci aspettiamo che siano la scienza e la tecnologia a risolvere i problemi per non dover affrontare nè sacrifici né costi troppo alti, senza pensare che l’unico modo di affrontare il problema è la prevenzione che comporta l’impegno di tutti  noi, prima che la cura diventi assai più costosa o addirittura impossibile e poco inutile.

Siamo noi esseri viventi, come ci insegna Tim Flannery  in “I signori del clima”, perché in  tutto il mondo condividiamo la stessa situazione di cui siamo  insieme responsabili e  vittime. Il futuro è solo nelle nostre mani e ci giudicherà per tutto quello che potevamo fare e non abbiamo fatto.

 

Per comprendere appieno il problema dobbiamo familiarizzare con tre termini: gas serra, riscaldamento globale e mutamenti climatici. I gas serra sono alcuni gas che possono intrappolare il calore in prossimità della superficie terrestre; quando aumenta la loro presenza nell’atmosfera, il calore in più che trattengono porta al riscaldamento globale che, a sua volta esercita una pressione sui sistemi climatici terrestri, che possono indurre i mutamenti climatici (Global Warming).

Il sistema climatico è costituito da una fitta rete di relazioni tra le forze della natura: prima di raggiungere la superficie terrestre, le radiazioni del sole attraversano le nuvole, le quali assorbono, riflettono e trasmettono diverse quantità di energia calorica nel sistema terrestre. La superficie della terra e le piante ne assorbono la quantità a loro necessaria per la fotosintesi e il resto lo riflettono. Attraverso questo scambio la temperatura della terra si dovrebbe mantenere intorno ai 14 gradi C. Ma sono proprio i gas serra che, in condizioni normali, mantengono questo equilibrio, perché hanno il compito di trattenere il calore emesso dalla superficie terrestre creando quell’effetto che si riscontra all’interno di una serra.

L’effetto serra dunque, di per sé, non avrebbe  nulla di nocivo, ma se la concentrazione dei gas serra aumenta, resta intrappolato più calore del necessario, surriscaldando la Terra, come è avvenuto negli ultimi decenni. Infatti le attività umane sempre più frenetiche, l’industrializzazione, i trasporti, i combustibili fossili hanno prodotto una quantità abnorme di gas serra generando un surriscaldamento globale sempre più pericoloso.

Il clima dunque é l’insieme delle condizioni atmosferiche: temperatura, pressione atmosferica, venti, piogge ecc. che caratterizzano ogni regione della terra, ne determinano la flora e la fauna e determinano le diverse abitudini e attività umane.

Il clima è dunque variabile nelle varie latitudini e longitudini del pianeta e il parametro fondamentale per determinarlo è la temperatura, che risponde ai principi della termodinamica che regolano gli scambi di calore e di energia tra i corpi mediante tre meccanismi:

  • per conduzione, quando il calore si propaga per contatto tra l’atmosfera e la terra
  • per convezione quando un fluido in movimento trasporta calore ed energia da un corpo all’altro.
  • per irraggiamento quando l’energia è tramutata in radiazione elettromagnetica di varie lunghezze d’onde tra ambienti anche distanti . Questi meccanismi di trasferimento del calore sono conseguenza del secondo principio della termodinamica secondo cui il calore può passare solo da un corpo più caldo a uno più freddo.

La temperatura di un corpo è data dall’energia termica che esso contiene e la temperatura raggiunta da un corpo è il risultato di scambi di energia che causano riscaldamenti e raffreddamenti. Per quel che riguarda la Terra gli scambi di energia con l’esterno sono di tipo radiattivo (radiazione elettromagnetica). Non tutta l’energia che proviene dal sole viene assorbita dalla terra, perché una parte viene riflessa dalle nubi e dal terreno  conferendo al pianeta un albedo (dal latino bianchezza, candore) che è la frazione, di radiazione solare incidente che viene riflessa in tutte le direzioni, perdendosi nello spazio siderale :  l’albedo è molto alta per la neve fresca e i ghiacciai, perché una terra coperta di neve è enormemente più bianca e riflette meglio la luce solare mentre è molto bassa per gli oceani e i boschi).L’importanza di questo fatto la possiamo vedere e apprezzare se teniamo presente il fatto che un terzo di tutta l’energia che dal Sole raggiunge la Terra viene riflesso nello spazio dalle superfici bianche e la neve fresca riflette la luce più di ogni altra cosa (80-90%).

Il clima dunque dipende da molte variabili dovute ai molteplici processi che avvengono nell’atmosfera  e dalle sue interazioni termodinamiche con la terra e gli oceani. L’atmosfera infatti assicura il trasporto del calore  dalle zone tropicale a quelle polari fungendo da termostato, riducendo gli estremi di temperatura.

E non va dimenticato che l’atmosfera è per la terra uno scudo protettivo capace di intercettare anche i meteoriti più piccoli  che, a contatto con l’atmosfera stessa si bruciano, dando luogo al fenomeno delle stelle cadenti.

Il “grande oceano d’aria”, come lo definì A. Russel Wallace è composto di azoto (78%), di ossigeno (20,9%) e di argon (0,9%). Questi tre gas costituiscono il 99,95% dell’aria che respiriamo che contiene anche gigantotonnellate di Co2 di origine antropica.

Oltre a noi uomini anche Gaia respira: l’inspirazione si ha ad ogni primavera nell’emisfero settentrionale, quando la vegetazione che nasce estrae la CO2 dal grande oceano d’aria e questa inspirazione comporta una riduzione dell’anidride carbonica atmosferica. L’espirazione invece si ha in autunno, nell’emisfero boreale quando la decomposizione delle foglie genera CO2 e c’è un’esalazione che arricchisce l’aria di questo gas.

Questa funzione fisiologica però è purtroppo minacciata dal tallone di Achille della nostra civiltà che sono i combustibili fossili.

 

Gli scienziati continuano a studiare come funziona il clima: come  le terre emerse, gli oceani e l’atmosfera assorbano il calore solare che viene ridistribuito e poi come questo calore generi tempeste, siccità  l’innalzamento dei mari e altri fenomeni.

Quello che però sappiamo per certo da oltre un secolo è che l’anidride carbonica (CO2), presente nell’atmosfera intrappola il calore solare e che, bruciando combustibili fossili (come carbone, petrolio e gas naturali) si immette nell’atmosfera altra anidride carbonica. Sappiamo anche che dalla Rivoluzione industriale ad oggi, l’uomo sta bruciando sempre più combustili fossili e che la concentrazione di CO2 nell’atmosfera è aumentata di oltre un terzo rispetto a due secoli fa.

Neppure i più “scettici” possono negare gli “effetti killer” dell’aumento del CO2, il più famoso gas serra: ma anche il calore solare riflesso dalla terra è catturato dalle molecole di CO2 e pertanto non si disperde subito nello spazio, ma, prima di farlo, riscalda l’aria.

Di conseguenza il pianeta si riscalda sempre più, si innalza il livello del mare, gli oceani si espandono, e si sciolgono sempre più rapidamente ghiacciai e calotte polari; per questo una maggior quantità di acqua evapora dal suolo e dagli oceani intensificando precipitazioni e nevicate in alcune zone e siccità in altre. Gli oceani e i mari, poi influenzano il clima locale delle regioni costiere per l’energia termica che possiedono; energia che, dilatando le acque, innalza il livello della superficie dei mari.

Il vapore acqueo è il principale gas serra e costituisce circa il 60% dell’effetto serra totale. La sua concentrazione in atmosfera dipende sia da cause naturali (evaporazione degli oceani, dei corsi d’acqua, dei laghi e dell’umidità al suolo) che, dalle emissioni umane ed è legato alla temperatura: se il pianeta si riscalda, per esempio perché aumenta il tasso atmosferico di CO2, si intensifica l’evaporazione dell’acqua e l’atmosfera trattiene una maggior quantità di vapore acqueo che intrappola più calore e fa aumentare ancora di più la temperatura.

Per fare un esempio, in una sera d’autunno, se il cielo è sereno, accadrà che il calore sfugga  verso lo spazio e farà freddo, mentre se il cielo è nuvoloso, il calore sarà intrappolato dal vapore acqueo, la temperatura si manterrà calda, aumentando l’effetto serra.

Il vapore acqueo dunque amplifica il riscaldamento provocato dalla CO2, creata dall’attività umana e, insieme alla CO2, è il principale killer silenzioso, causa del Global Warming. E’ anche il più insidioso perché noi possiamo intervenire sulla sua concentrazione atmosferica solo in modo indiretto attraverso il controllo delle emissioni di Co2 da carburanti fossili.

In alcune aree della terra, come l’area mediterranea, per esempio la diminuzione delle piogge e l’aumento dell’evaporazione dovuta al Global Warming e alla più alta temperatura della superficie terrestre fanno diminuire  l’umidità del terreno, sottoponendo le coltivazioni a  stress idrico.

L’ozono è responsabile di circa l’ 8% dell’effetto serra. La massima concentrazione di ozonosi forma nella stratosfera, a circa 30 km di quota, dove questo elemento crea una barriera che assorbe i raggi ultravioletti provenienti dal sole e impedisce che questi raggiungano la superficie della Terra, producendo l’effetto serra.

Il cosiddetto “buco dell’ozono” consiste nell’assottigliamento della quantità dello strato di ozono presente nella stratosfera e il depauperamento dell’ozono stratosferico è una minaccia globale per cui vanno sviluppate strategie di prevenzione e difesa.

Si fa confusione tra riscaldamento globale e buco nell’ozono, ma fra i due fenomeni non c’è rapporto, tranne che entrambi sono di origine antropica. Il buco nell’ozono è dovuto ad un gruppo di sostanze chimiche chiamate clorofluorocarburi (CFC), inventati circa trenta anni fa come fluido refrigerante per i frigoriferi, condizionatori e come propulsori per le bombolette spray. Quando i CFC arrivano nella stratosfera, distruggono le molecole di ozono (fatte di 3 atomi di ossigeno), diradando lo strato di ozono che schermisce la superficie terrestre dai raggi ultravioletti emessi dal sole.

Il buco nell’ozono lasciando passare i raggi ultravioletti solari causa non solo l’aumento delle scottature solari ma fa danni ben più gravi quali tumori cutanei come basaliomi melanomi, e carcinomi spinocellulari; inoltre può scatenare attacchi d’asma, irritazione ai occhi e alle vie respiratorie aggravare  le malattie croniche dei polmoni, come la bronchite cronica ostruttiva dei fumatori.

Il terzo gas serra più comune dopo il vapore acqueo e la CO2 è il metano (CH4) che ha in parte origini naturali perché deriva dai batteri che decompongono la materia vegetale aiutando le termiti a digerire il cibo. Ma è anche prodotto dall’attività umana: le trivellazioni per il petrolio e per il gas naturale sprigionano il metano contenuto nel sottosuolo, così come può essere prodotto dai rifiuti che fermentano nelle discariche e anche il bestiame ne produce, come pure fanno le termiti.

Il metano intrappola il calore con efficienza venti volte maggiore della CO2, ma non rimane a lungo nell’atmosfera perché si scinde in altre sostanze.

Al quarto posto fra i killer silenziosi c’è l’N2O (protossido di azoto)  che ha sia fonti naturali, come i batteri presenti nel suolo e negli oceani, che artificiali come i fertilizzanti per l’agricoltura, i gas di scarico delle macchine e la produzione di acido nitrico degli stabilimenti chimici. Sarebbe un dovere della politica ambientale ridurre il mercato del diesel che è la principale causa delle emissioni di protossido di azoto.

Sono gas serra anche altri composti chimici di uso industriale come i già citati clorofluorocarburi (CFC) e gli idrofluorocarburi (HFC)  che sono 10.000 volte più efficaci del CO2 nella cattura dell’energia termica e possono durare nell’atmosfera per molti secoli.

Un quinto dei gas serra che emettiamo giornalmente, proviene poi dal consumo del carbone.

Infatti milioni di anni fa, il legno delle foreste si è fossilizzato trasformandosi in nero e duro carbone e, dall’invenzione della macchina a vapore l’uomo ha cominciato a bruciare carbone, usato come fonte energetica in diversi ambiti: dalle ferrovie alla produzione di elettricità.

Il carbone soddisfa annualmente circa il 25% del fabbisogno energetico mondiale, anche perché il carbone è abbondante e costa relativamente poco.

Gli Stati Uniti sono il 2° produttore mondiale di carbone dopo la Cina, e ne consumano a ritmi così forsennati che, le sue riserve basteranno solo per un paio di secoli.

Ma il carbone è fatto quasi interamente di carbonio e bruciandolo si sprigiona molta anidride carbonica (circa 2 kg. per  ogni kg. di carbone, nafta, bitume, catrame, combustibili fossili e fuliggine), dando vita ad un altro temibile killer silenzioso. Il carbonio che è presente anche nel suolo sotto forma di humus, nelle radici delle piante; la quantità e il tipo di carbonio nel suolo possono variare in base all’uso che si è fatto e si fa di quella terra. La dittatura del carbonio sta paralizzando le funzioni vitali di Gaia, cioè della biosfera, e soprattutto sta usurando la principale funzione di Gaia che è la termoregolazione del Pianeta Terra.

A parità di energia prodotta il carbone emette il doppio della quantità di CO2  rispetto a quella prodotta bruciando gas naturale e un quarto in più di quella che si produce bruciando petrolio. Nel complesso dunque circa il 20% delle emissioni di gas serra proviene dalla combustione del carbone. E’ fondamentale tra le misure  per ridurre l’uso dei combustibili fossili, lo stoccaggio sicuro del carbonio, riducendone l’estrazione.

Anche l’oceano è  un importante deposito di carbonio,  50 volte superiore al carbonio atmosferico, perché il 98 % delle emissioni umane di CO2 sono destinate a finire in mare, per cui  gli oceani possono essere considerati dei pozzi di gas serra; inoltre purtroppo il CO2 nel mare aumenta l’acidità dell’acqua, con conseguenze letali per la biodiversità delle barriere coralline, e di tutte le specie ittiche.

L’ aumento dell’acidità ha effetti negativi sul metabolismo di alcune specie marine, perché l’acidità  diminuisce gli ioni di carbonio fondamentali  per il processo di calcificazione dei coralli e del plancton.

Duecento anni fa il pH della superficie degli oceani era 8,2, oggi si è abbassato a 8,1, sembra una differenza minima ma, di fatto significa che gli oceani oggi sono il 30% più acidi rispetto a prima della Rivoluzione Industriale, per cui molte specie marine sono minacciate dall’aumento dell’acidificazione dei mari. Il danno è molto grave e sono solo le alghe marine che possono riequilibrare la situazione; infatti le alghe sono dotate di straordinaria capacità sia di riprodursi (600 volte maggiore di qualsiasi altro essere vivente , sia di assorbire CO2, sia di dare protezione a molte altre specie marine minacciate. Le alghe inoltre riescono a produrre 12 gigantonnellate di biometano l’anno e ad immagazzinare 20 gigantonnellate di CO2 all’anno, diminuendo l’acidità oceanica ed incrementando la produzione ittica ecosostenibile.

Le alghe marine e soprattutto la Posidonia oceanica (pianta marina endemica del Mediterraneo),  sono importantissime per la conservazione degli ecosistemi per la loro grande capacità di frenare sia l’acidificazione degli oceani, sia il riscaldamento globale,svolgendo un ruolo fondamentale nella regolazione dell’equilibrio ecologico del mare. Se non fosse per le alghe e per le piante saremmo in breve tempo soffocati dalla CO2 e saremmo sempre più a corto di ossigeno.

Però l’intervento dell’uomo sta mettendo a dura prova la loro sopravvivenza. Tra le principali minacce vi sono le costruzioni marittime, l’inquinamento delle acque, l’ancoraggio, il dragaggio, la creazione di spiagge artificiali e l’eliminazione delle foglie e delle alghe morte dalle spiagge.

Se si tiene conto di tutti i killer silenziosi è la CO2 a vincere la gara entropica, perché alterarne le concentrazioni naturali altera l’equilibrio energetico e, con  il riscaldamento globale, produce caos nell’economia, negli equilibri sociali,   fame del mondo e  guerre.

Un quarto della CO2 che oggi è nell’atmosfera si deve al nostro uso dei combustibili fossili, il resto è generato soprattutto dalla deforestazione, dall’agricoltura intensiva (monoculture, fertilizzanti chimici ecc.) e dall’industria cementiera.

Ad esempio, la Foresta Amazzonica normalmente era in grado di assorbire circa due gigatonnellate di CO2 ogni anno; ma negli ultimi anni, per effetto della siccità, si è trasformata da sebatoio di carbonio in produttore temporaneo di carbonio nell’atmosfera, emettendo l’equivalente di cinque gigatonnellate di CO2 per ogni anno di siccità.

Se poi si bruciano le foreste, con la successiva decomposizione della materia vegetale, si sprigiona CO2 e si liberano metano e ossido di azoto, potenti gas serra. Inoltre l’uso di fertilizzanti chimici provoca grandi emissioni di protossido di azoto, mentre il cemento si produce a partire dal calcare e da rocce ricchissime di carbonio che, nel processo, vengono riscaldate e rilasciano  CO2 (infatti la produzione di cemento è una delle principali cause di gas serra perchè ogni tonnellata di cemento prodotta genera una gigantotonnellata di CO2 e contribuisce da sola per il 5% delle emissioni globali di anidride carbonica).

Infine la sovrappopolazione della terra produce una gran quantità di rifiuti che, a loro volta, richiedono un gran numero di discariche, fonte di emissioni di metano (emesso anche dalle risaie e dal sistema digestivo delle pecore, delle mucche e di altro bestiame).

L’economia lineare comporta rifiuti che danneggiano l’ambiente mentre la natura funziona con un economia circolare che utilizza i rifiuti come materia prima  per prodotti ecosostenibili.

L’idea dell’economia circolare consiste nel far funzionare l’economia come funziona Gaia e tutti gli altri esseri viventi. Nell’economia circolare ogni vita riprende vita, perché da ogni vita ne rinasce un’altra, in modo che il processo produttivo non sia costretto ad attingere  risorse destinate ad esaurirsi.

L’economia circolare è dunque riappropriazione, manutenzione e riciclo; mentre l’economia lineare non prende in considerazione i limiti dello sviluppo, inducendo il consumo senza limiti del suolo e della biodiversità.

Il problema dei rifiuti comporta temi sociali molto scottanti che si chiamano: ecomafie, Terre dei fuochi, isole di plastica in mezzo al mare, micropolimeri  nella pancia dei pesci, popolazioni che protestano contro le discariche e gli impianti di trattamento dei rifiuti, e città inondate dalla sporcizia.

Riciclare dunque è una operazione etica  e la nostra Fondazione “Science for Peace.Eu” ha individuato una delle principali cause del Global Warming nel consumismo che si basa sul profitto, produce beni destinati a durare poco  e ad essere superati rapidamente  da modelli più appetibili.

Il capitalismo globale è sotto il doppio vincolo della crescita e della sostenibilità tra loro inconciliabili che rende schizofreniche le politiche,  creando paura nella gente che a sua volta induce  cattiveria e violenza.

Oggi sappiamo che se anche azzerassimo le emissioni di CO2, la CO2 in eccesso verrebbe assorbita dalle piante e dagli oceani, ma tale assorbimento sarebbe comunque insufficiente; infatti potrebbero volerci millenni prima che venga rimossa dall’atmosfera tutta la CO2, a meno che ogni cittadino del Pianeta non pianti e nutra un albero, cosicchè nella sola Italia verrebbero piantati circa 60 milioni di alberi.

Le piante assorbono la CO2 e incorporano il carbonio nei propri tessuti trattenendolo fino alla morte.

Ogni vegetale da un filo d’erba ad una gigantesca sequoia è fatta di carbonio che ha assorbito dall’atmosfera durante la sua vita.

Quando la pianta muore, il suo carbonio ritorna nell’atmosfera  poco  a poco, come avviene per le foglie che spuntano in primavera e cadono in inverno, mentre se la pianta viene bruciata il carbonio si libera tutto in una volta.

Se tutti gli alberi abbattuti venissero sostituiti da nuove piccole piante, queste ricomincerebbero ad assorbire l’anidride carbonica dall’atmosfera.

Dunque gli unici esseri viventi che ci fanno respirare e ci danno da mangiare sono gli alberi, perché assorbono la CO2 atmosferica emettendo ossigeno e producendo frutta zuccherina.

Ma gli alberi crescono molto lentamente per cui i loro effetti positivi sul riscaldamento globale si vedono su una distanza di almeno 50 anni. durante i quali vanno alimentati dagli agricoltori e curati dai medici degli alberi che sono i botanici, una delle figure professionali più ricercate e più importanti per la salvezza dei nostri ecosistemi.

Per quel che riguarda gli oceani invece, sappiamo che, quanta più CO2 si immette nell’atmosfera tanta più ne assorbono gli oceani e che quasi un terzo di tutta la CO2 emessa bruciando combustibili fossili, negli ultimi 200 anni, è stato assorbito dagli oceani. E non solo, perché parte dell’anidride carbonica disciolta, reagisce con l’acqua,  formando acido carbonico che ne aumenta l’acidità. Questo processo danneggia molte forme di vita marina: gusci, conchiglie e le barriere coralline fatte quasi interamente di carbonato di calcio, che si dissolvono in acque acide senza però riformarsi.

Le barriere coralline ospitano uno degli ecosistemi più variegati e fiorenti degli oceani di tutto il mondo. Sono  create da colonie di piccoli organismi  marini che si ricoprono di un involucro di carbonato di calcio, lo stesso  materiale che forma le conchiglie  dei molluschi. Con  il tempo in presenza  di condizioni favorevoli di temperatura, salinità dell’acqua e cosi via, queste colonie di corallo  possono crescere fino a formare le barriere coralline.

All’interno di ogni corallo vivono piccole alghe, che possono arrivare anche a diversi milioni in un area grande  come un dito. In genere questa coabitazione è vantaggiosa per entrambi gli organismi: i coralli offrono alle alghe le principali sostanze nutritive e un riparo confortevole, ben difeso dai predatori; le alghe  forniscono ai coralli gli zuccheri prodotti dalla fotosintesi.

Tuttavia , quando la temperatura dell’acqua marina sale troppo, il corallo reagisce espellendo le alghe simbiotiche che vivono nei loro tessuti provocando la particolare colorazione. Senza quest’alga i polipi del corallo non potrebbero né nutrirsi né costruire lo scheletro che forma il corallo, Nel corso di poche settimane i polipi del corallo muoiono di fame. La perdita delle alghe modifica  il colore del corallo, dal tipico marrone al bianco, la tinta naturale dell’involucro corallino. Per questo motivo si parla di “sbiancamento dei coralli”. Gli scienziati che studiano questo fenomeno sostengono che gli ecosistemi corallini siano destinati    a scomparire e con essi la biodiversità ittica, così come sono a rischio di estinzione gli orsi polari e sta diminuendo anche il numero delle balene e delle foche.

La temperatura dei mari sale molto meno di quella dell’atmosfera  ma comunque abbastanza per innescare lo sbiancamento dei coralli che aumenta  con l’acidificazione dell’acqua marina.

Siccome  la catena alimentare marina è costituita da minuscoli organismi a guscio l’acidificazione si ripercuote sugli altri abitanti marini che se ne cibano.

Infatti secondo gli scienziati l’acidificazione degli oceani può provocare l’estinzione di massa di molluschi coralli e altri organismi marini necessari per mantenere la biodiversità ittica.

Sul Pianeta Terra, una serie di meccanismi naturali, reagiscono al riscaldamento globale in modo da intensificarlo (retroazione positiva) o di mitigarlo (retroazione negativa).

Un esempio di retroazione positiva è il già citato caso del vapore acqueo: se cresce la temperatura, cresce l’evaporazione degli oceani e si forma il vapore acqueo, che è un gas serra che intrappola il calore, proprio come la CO2, facendo crescere ancora la temperatura e scatenando fenomeni atmosferici estremi, e spesso distruttivi.

Ad esempio “L’uragano, è una macchina termica azionata dal calore latente liberato quando enormi quantità di vapore acqueo si condensano. Per far muovere questa macchina è necessaria un’enorme quantità di aria calda e umida e per mantenerla in moto serve un continuo rifornimento” (Lutgens-Tarbuck). L’evaporazione trasferisce calore nell’atmosfera e questo lo possiamo vedere sulla nostra pelle, quando in una giornata calda, sudiamo, trasferendo il calore del nostro corpo all’aria: il sudore è una forma molto efficace di trasferimento di calore perché per ogni grammo di acqua evaporata dal nostro corpo col sudore vengono traferite in atmosfera 580 calorie. Se pensiamo alla differenza di vastità tra il nostro corpo e un intero oceano, possiamo avere un’idea dell’energia, spesso incontrollata, che il  calore derivante dall’evaporazione sprigiona.

Intrappolato in un circolo vizioso, il calore in eccesso, prendendo velocità, sta bruciando il pianeta terra, che è  la nostra unica casa, come dice Greta Thunberg.

Un altro esempio di retroazione  positiva è la fusione del permafrost, terreno perennemente gelato che si trova in Alaska, nel Canada, in Siberia e in altre zone molto fredde.

Con l’aumento della temperatura la materia vegetale rimasta intrappolata per secoli  nel permafrost inizia a decomporsi, emettendo altra CO2 che contribuisce al riscaldamento del pianeta; e se il permafrost è su terreni paludosi, si libera anche il metano che è un gas serra ancora più potente.

Ed ora un esempio di retroazione negativa per l’effetto serra: si realizza quando il cambiamento climatico esaspera la siccità in zone particolarmente aride, ed il vento solleva una grandissima quantità di polvere, le particelle di questa polvere però possono, a loro volta, schermare i raggi solari, provocando l’effetto benefico di raffreddare la temperatura.

Quale delle due retroazioni predominerà dipende dal tipo di nubi e dall’altitudine a cui si formano, dalla superficie terrestre sottostante (mare oppure terre emerse) e da altri fattori  di cui molto difficile è la previsione.

L’estensione di ghiacciai, la vegetazione,  le foreste e le nubi e il tasso di polvere nell’aria fanno si che il riscaldamento accelera in alcune regioni, mentre in altre può rallentare ed addirittura invertirsi; infatti alcuni regioni si riscaldano più velocemente di altre ed ovunque  è possibile che  l’intensità del riscaldamento vari da una regione all’altra o dal giorno alla notte.

Anche la quantità di precipitazioni nevose o piovose varia da una regione all’altra: ai poli per esempio, se il ghiaccio inizia a fondere, la riduzione della distesa ghiacciata fa sì che una minore quantità di raggi solari sia riflessa nello spazio, il che significa che la terra e i mari assorbono più energia, provocando un ulteriore aumento della temperatura. Inoltre fino ad oggi il ghiaccio scorreva molto lentamente dai ghiacciai continentali della Groenlandia e dell’Antartide verso il mare, ma oggi quei ghiacciai si muovono pericolosamente in modo molto più rapido.

Parti del pianeta reagiscono in modo diverso all’aumento della temperatura: per esempio gli scienziati, da tempo, hanno visto che la regione del Polo Nord si riscalda più velocemente rispetto al resto del pianeta e che il riscaldamento è più rapido all’equatore che ai poli perché ricevono una maggiore quantità di raggi solari perpendicolari.

Nei ultimi 50 anni si è visto che la superficie terrestre  e gli strati inferiori dell’atmosfera si sono riscaldati notevolmente mentre gli strati superiori si sono addirittura un po' raffreddati e ciò è dovuto al fatto che i gas serra ristagnano negli strati inferiori dell’atmosfera  impedendo al calore  di diffondersi nello spazio.

In sintesi possiamo dire che è cambiato l’equilibrio energetico della Terra.

La nostra Fondazione “Science for Peace.Eu” sostiene che se aiutiamo la natura, la natura aiuterà noi, ma per aiutare la natura bisogna conoscerla e capirne anche la capacità di mutamento e di adattamento.

Ad esempio si è allungata la stagione di crescita delle piante perché influenzata da altri fattori, come la differenza fra le temperature diurne e notturne, che si è ridotta negli ultimi decenni. E  questo è proprio ciò che gli scienziati prevedono man mano che i gas serra aumentano  nell’atmosfera: il calore che essi intrappolano  mantiene calda la superficie terrestre anche quando il sole non splende in cielo.

Gran parte della vita sulla terra  si svolge  al ritmo delle stagioni. In primavera  nei climi  temperati il suolo si riscalda e germogliano i semi, cresce l’erba, gli uccelli nidificano  e nascono i piccoli; in autunno le foglie ingialliscono, la pelliccia di alcuni animali si infoltisce, gli uccelli ripercorrono in senso inverso la migrazione primaverile e i pipistrelli  vanno in letargo.

Gli esseri umani hanno cominciato fin dall’antichità a prendere nota dei tempi in cui si verificano  alcuni di questi fenomeni fisiologici della natura.

Con il riscaldamento globale invece gli ecosistemi impazziscono.

Poiché i cambiamenti negli ecosistemi sono sempre vantaggiosi per alcune specie e svantaggiose per altre, è difficile stabilire per quali siano positive o negative per cui gli studiosi di ecosistemi si sono limitati a valutare le ripercussioni del clima su una singola specie: quella umana, e si aspettano anche che alcuni degli ecosistemi attuali nocivi scompaiano e se ne formino di nuovi, salutari.

Ovviamente non possiamo con certezza prevedere il futuro; nè  quello che il futuro potrebbe riservarci, se non fermeremo l’effetto dei gas serra, i killer silenziosi che causano e aumentano il Global Warming. Ciò non è davvero confortante: il numero e la violenza degli uragani (dovuti al calore dell’acqua degli oceani tropicali ma anche ai venti favorevoli per la diversità delle temperature fra i diversi oceani) sarà sempre maggiore e di forza superiore rispetto a quella di qualche decennio fa e,  se continuerà a salire il livello del mare, aumenteranno le onde anomale, grandissimi muri d’acqua spinti verso riva dagli uragani, come devastanti tsunami, come è avvenuto nel 2005 con l’uragano Katrina quando l’onda anomala, arrivata dal golfo Messico, ha sfondato  le dighe protettive e inondato la citta di New Orleans provocando migliaia di morti, distruzione di centinaia di abitazioni e perdita di tantissimi posti di lavoro. Se sommiamo i costi del Global Warming di tutto il mondo, ci renderemo conto che il prezzo per esercitare la licenza di inquinare, terra, atmosfera e oceani, risulta davvero eccessivo in termini di vite umane, disoccupazione e sofferenze sonoun fardello davvero enorme che lasciamo in eredità alle generazioni future.

 

Un’altra previsione per il futuro ci dice che il cambiamento climatico sta già creando milioni di  migranti climatici, persone che devono abbandonare le loro case e compiere spostamenti forzati per gli sconvolgimenti creati dall’aumento delle temperature che mettono a rischio le riserve idriche e per l’innalzamento del mare che minaccia paesi come ad esempio il Bangladesh, le Maldive la Papua Nuova Guinea. E come ci ricorda Luca Mercalli, Presidente della Società Metereologica italiana “nei prossimi anni ci saranno eventi sempre più estremi, con maggiore siccità, e l’aumento del livello dei mari per la fusione dei grandi ghiacciai cambierà la geografia. Tutto ciò causerà migrazioni gigantesche, ben superiori a quelle attuali”.

 

Il Global Warming oltre alle migrazioni provoca anche  instabilità politica, povertà e guerre  aggravando la miseria e i conflitti, tanto che le previsioni ci dicono che nel 2030  le guerre civili aumenteranno del 54%.

Come medici abbiamo previsto che la salute umana è a gravissimo rischio a causa del cambiamento climatico perché, oltre alle estinzioni di alcune specie,  secondo il WHO, negli ultimi anni, sono avvenuti circa 150 mila decessi, in gran parte bambini, a causa dei killer silenziosi di cui stiamo parlando in queste pagine.

Le alte concentrazioni di ozono al suolo, aumentano l’asma ed i problemi allergici, mentre il caldo e i repentini cambiamenti di temperatura fanno crescere  le malattie infettive, perchè insetti come le zanzare e le zecche possono inoculare agli esseri umani malattie come la malaria, la dengue, e l’encefalite; ma anche altri tipi di malattia come il tifo, il colera che si trasmettono tramite il cibo e l’acqua contaminata specialmente nei paesi in via di sviluppo e nelle regioni più povere. Inoltre i bambini sono e saranno i più vulnerabili a causa della denutrizione,  della malnutrizione e della rallentata maturazione del sistema immunitario.

Il cambiamento climatico può provocare anche estinzioni di massa di alcune specie viventi, anche se ogni anno se ne scoprono di nuove dovute alla biodiversità.

Nessuno sa quando e se inizieremo a ridurre l’emissione di gas serra, ma sappiamo che  se l’ulteriore riscaldamento sarà minimo si prevede che entro il 2050 il 15% delle specie presenti sarà condannata all’estinzione, se invece il riscaldamento sarà massimo la percentuale destinata all’estinzione salirà al 40%, a seconda della capacità delle singole specie di adattarsi o migrare.

In molte regioni del mondo, soprattutto quelle aride, dove la popolazione è in aumento, la scarsità d’acqua è e sarà sempre più, il maggiore problema. Infatti alcuni fiumi che sfociavano al mare già si prosciugano quasi completamente prima di arrivarci (come il fiume giallo in Cina, il fiume Colorado negli Stati Uniti e il Gange in India) ed hanno, per gran parte dell’anno, una portata insufficiente a dissetare le popolazioni rivierasche e irrigare le coltivazioni. Inoltre circa un sesto della popolazione mondiale dipende dall’acqua dallo scioglimento della neve e dei ghiacciai, che si stanno riducendo sempre più.

L’Asia risulta essere la maggiore protagonista e responsabile del Global Warming, ma anche la potenziale vittima per la densità della popolazione attuale e futura, perché i territori dei delta di fiumi come il Gange, l’Indo e il Brahmaputra si stanno abbassando molto più in fretta di quanto gli oceani si stiano alzando, e ancora perchè la costruzione di dighe inghiotte milioni di ettari di terreni agricoli e l’accelerato scioglimento dei ghiacciai himalayani provoca gravi inondazioni.

Sempre parlando dell’acqua, che è il principale elemento per la vita, è bene fare alcune considerazioni.

Sull’acqua si basa il potere economico di alcune multinazionali che hanno il predominio del mercato idrico, amplificando le differenze fra ricchi e poveri. Questa smania di possesso, unita alla siccità dovuta al Global Warming   riduce e condiziona il patrimonio idrico che invece dovrebbe essere un bene collettivo dell’umanità. Infatti l’acqua non è una merce ma un diritto universale per tutti gli esseri viventi.

Una persona su 3 al mondo non ha accesso all’acqua potabile cioè 2,2 miliardi di persone secondo l’Unicef ed il Who, mentre l’Europa ne consuma 20 litri al giorno a persona con reti idriche piene di buchi.

Il 70% del pianeta è costituito da acque oceaniche ma di queste il 97,5% è salata e solo il 2,5% è acqua dolce e di questa solo lo 0,1% va al consumo umano.

Un rubinetto aperto spreca 10 litri di acqua al minuto ed un rubinetto che gocciola spreca 90 gocce all’ora pari a 4000 litri in un anno.

In Italia ogni anno si consumano 9,5 miliardi di metri cubi di acqua, con 220 litri a testa al giorno e con un sistema di distribuzione a colabrodo, contro i 120 della Germania ed i 128 della Francia.

Nella depurazione e riutilizzazione dell’acqua l’Italia è il fanalino di coda con il 62,5% contro il 97% della Germania ed il 93% della Grecia.

Infine l’acqua non è un bene infinito ed è interessante sapere che per produrre 1kg di carne bovina sono necessari 15.400 litri di acqua, per un 1kg di carne suina 4000 litri, per un1kg di carne di pollo 3900 litri e per produrre 1kg di pasta 1900 litri.

 

L’aumento delle temperature poi aumenta anche l’evaporazione dell’acqua dei fiumi, dei laghi e dal terreno, per cui le nubi si formeranno più rapidamente accelerando il riscaldamento climatico, il che significa più alluvioni e più siccità e un forte stress idrico che danneggerà irrimediabilmente l’agricoltura.

Infine la produzione alimentare, per la carenza di acqua sarà destabilizzata e ci saranno guerre per avere accesso alle fonti di acqua che, privatizzate, non verranno distribuite in maniera equa; inoltre le variazioni delle temperature  e delle precipitazioni potranno ridurre la resa agricola, con conseguente aumento dei prezzi del cibo. Infine il riscaldamento accelererà la maturazione delle colture e le piante attraverseranno troppo in fretta alcune fasi di crescita, essenziali per la maturazione del cibo.

Pertanto il cambiamento climatico costituisce una seria minaccia anche per la sicurezza alimentare.

Molti di questi problemi potrebbero essere risolti dalla volontà politica di investire nell’agricoltura i fondi necessari, ma anche  per incrementare le fonti di energie rinnovabili e inesauribili come il sole, il vento, e la pioggia.

Le soluzioni che possiamo mettere in atto da subito comportano la scelta di fonti energetiche come l’energia solare, eolica o idroelettrica, che combattono i killers silenziosi ed hanno emissioni di CO2 ridotte o addirittura pari a zero. Un’altra risorsa che si potrebbe implementare è la “bioenergia” e cioè la produzione energetica a partire dalla materia vegetale . E sono tutte energie assolutamente rinnovabili, perché il sole, il vento, la pioggia e le piante non si esauriranno mai.

Il sole è ovviamente la prima e migliore fonte di energia pulita, infatti invia ogni ora sulla terra più energia di quanto gli esseri umani ne consumano in un anno intero, bruciando combustibili fossili.

I pannelli solari fotovoltaici catturano la luce del sole e la convertono in elettricità però solo al 10%; di conseguenza l’energia fotovoltaica è più costosa di quella ottenuta dai combustibili fossili ed insufficiente perché non dà elettricità durante le ore notturne.

Un'altra fonte di energia naturale è il vento, ma le gigantesche turbine eoliche sono spesso piazzate in zone ventose ma lontane dai luoghi in cui vive la gente; inoltre il vento è assai variabile e imprevedibile e non è agevole vivere nelle vicinanze delle turbine eoliche perché sono rumorose e rovinano il paesaggio, oltre a richiedere una grande manutenzione.

Il 16% dell’elettricità prodotta nel mondo deriva da fonti idroelettriche, ma non può crescere perché sulla gran parte dei grandi fiumi sono state già costruite dighe che però sono insufficienti a soddisfare il bisogno di energia elettrica mondiale.

L’energia geotermica sfrutta il calore naturale che si sprigiona dall’interno della Terra ed è la stessa energia che alimenta i vulcani, ma la trivellazione è costosa ed insufficiente perché solo in pochissimi siti è possibile effettuarla.

E ancora per praticare una terapia naturale di Gaia, sappiamo che la vegetazione e i suoli della terra sono serbatoi immensi di carbonio e il contenuto di carbonio, nelle piante e nell’humus, può essere aumentato attraverso un’agricoltura sostenibile o addirittura si sta studiando la possibilità di creare una fotosintesi artificiale per poter prelevare il carbonio direttamente dall’atmosfera.

Infine le biomasse ed i biocarburanti (etanolo e biodiesel) sono rinnovabili ma sfruttano eccessivamente le piante e con scarsi risultati perché un chilogrammo di biomassa contiene molta meno energia di un combustibile fossile perciò serve un volume maggiore di biomassa per generare la stessa quantità di energia. Inoltre per sostituire del tutto i combustibili fossili, i contadini del mondo dovrebbero coltivare più piante destinate alla produzione energetica, deforestando il territorio e  causando così un deficit alimentare.

I combustibili fossili purtroppo sono più abbondanti e meno costosi rispetto ad altre fonti energetiche più pulite e rinnovabili, mentre l’energia più verde comporta forti spese iniziali di messa in opera delle infrastrutture e un aumento della bolletta mensile che nessuno vuole pagare (ne è un esempio la rivolta dei gilet gialli in Francia scatenata perché il presidente Macron aveva stabilito una piccola tassa per le emissioni di CO2, tassa che poi fu prontamente revocata). Infine se si aumentasse la vendita di auto elettriche o ibride, se le aziende elettriche si convertissero su larga scala all’energia prodotta da pale eoliche o pannelli solari, il costo delle nuove tecnologie scenderebbe, perché il sole, il vento e l’acqua sono libere e gratis, ma come avviene in Svezia le auto elettriche sono alimentate da centrali atomiche che  in Italia non abbiamo.

Nell’attuale tendenza alla produzione di auto elettriche, qualche perplessità ha destato il mercato delle batterie agli ioni di litio  di cui si stima una crescita del 280% al 2025 e che hanno alcuni supposti “limiti” come la pesantezza, la durata o il riciclo. Infatti comportano un elevato dispendio di energie e risorse per estrarre il litio delle batterie usate, in quanto per ogni tonnellata di litio estratto si libera una enorme quantità di polvere inquinante e si consuma 1 milione di litri di acqua: ciò significa che la fabbricazione di auto elettriche consuma risorse in maniera insostenibile.

Ma su questa materia è in atto una rapidissima evoluzione. Sul versante del riciclo, poi, si stanno investendo notevoli risorse per migliorare i processi: nel solo 2018 si sono trattate 97.000 tonnellate di batteri, la metà dei batteri giunti a fine vita. In qualche caso si riesce ormai a recuperare l’80% dei vari componenti.

 

L’energia nucleare infine, non produce emissioni di CO2, ma ha altri problemi perché scinde gli atomi di elementi radioattivi come uranio e plutonio, ma tale scissione libera non solo energia ma anche scorie radioattive: il combustibile usato dalle centrali nucleari infatti rimane radioattivo anche quando la centrale atomica ha finito di generare energia e cioè per migliaia di anni.

Le tecnologie del futuro vanno sotto il nome di “geoingegneria” e ipotizzano di usare la tecnologia (per ora sperimentata solo in laboratorio) per sottrarre CO2 all’atmosfera o per aumentare la quantità di luce solare riflessa dal nostro pianeta.

Per fare un esempio, un modo per riflettere una maggior quantità di luce solare è schiarire le nuvole; un’impresa del genere sarebbe a quanto pare realizzabile, innaffiando il cielo con sottili getti d’acqua di mare salata che avrebbero l’effetto di ridurre le dimensioni delle goccioline che costituiscono le nuvole che diverrebbero così brillanti e riflettenti. Non è però chiaro in che modo questa “inseminazione delle nuvole” potrebbe influenzare i fenomeni metereologici e le correnti oceaniche; occorreranno altre ricerche prima di poter fare test su larga scala.

 

Siamo la prima generazione a sentire gli effetti del cambiamento climatico e l’ultima a poter fare qualcosa per l’alterazione sempre più violenta e imprevedibile degli equilibri climatici, per un pianeta sempre più invaso dai rifiuti di plastica e per  un’aria sempre più irrespirabile, per questo abbiamo la necessità di scoprire e trovare un nuovo contratto di convivenza con la natura  per un futuro più ecologico che stabilisca una modalità non predatoria di relazione con la Natura, perché Gaia non è un luogo da deprivare ma un soggetto di diritti, ugualmente fondamentali come i diritti umani.

Questo contratto naturale tra gli umani e la Natura, è ormai divenuto ineludibile, anche se non è neppure concepibile dai signori del clima che, indifferenti e negazionisti, mistificano con provvedimenti economici di facciata che sono nulla più che placebo.

Occorre attribuire alla Natura una configurazione giuridica che unifichi natura, cultura e scienze economiche per governare il futuro dell’umanità con una mobilitazione globale.

La nostra Fondazione “Science for Peace.eu” auspica che le politiche ecologiche si uniscano alle varie discipline scientifiche per la sopravvivenza del pianeta in una visione autenticamente green della vita.

Abbiamo sufficienti conoscenze scientifiche per affrontare il Global Warming ma non la volontà politica di trovare le risorse finanziarie per attuare progetti ecosostenibili, così come non c’è la volontà  per affrontare il problema  delle discriminazioni etniche per quanto concerne lavoro, emergenza abitativa, diritti civili, assistenza sanitaria e scolarità degli immigrati.

La ricchezza della biodiversità etnica dovrebbe facilitare la convivenza invece di ignorare che la solidarietà e la biodiversità umana sono dovute al fatto che ogni essere vivente è unico e irripetibile: unicità individuale che si arricchisce con la diversità di tutti gli esseri umani.

Su queste basi e poiché tutte le discipline di insegnamento scolastico riguardano il passato ed il presente ma mai il futuro, la nostra Fondazione, con il suo progetto di una “World Green Gaia’s University” si impegna in un  grande progetto di formazione di “Teachers for future” e “People for Planet”.

Non ci può essere dialogo tra due visoni del mondo di cui una parte parla un linguaggio che l’altra non intende e non ci può essere dialogo se si fronteggiano rigide posizioni contrapposte e soprattutto se non c’è una reale disposizione a fare dei cambiamenti.

Per fortuna oggi l’ambientalismo è un ponte che mobilita e unisce milioni di giovani in tutto il mondo che sentono quanto il loro futuro sia in pericolo e si impegnano per conseguire una consapevolezza ecologica globale, rendere visceralmente chiara la gravità del cambiamento climatico e richiedere un futuro verde.

Occorre quindi instaurare un vero incontro intergenerazionale ed  imporre i limiti ai consumi energetici e alle emissioni di CO2, abolendo le frontiere con le generazioni future, sulle quali è criminale scaricare il debito pubblico e le conseguenze delle evasioni fiscali delle varie nazioni.

Tutti nasciamo con un tacito contratto sociale che però non dovrebbe essere limitato solo all’uomo, ma dovrebbe comprendere Madre Natura cioè Gaia, depositaria dei diritti e della giustizia ecologica  universale, senza i quali, rischiamo l’estinzione delle biodiversità.

Per questo la nostra Fondazione intende promuovere la giustizia climatica come patrimonio dell’umanità.

Per iniziare a cambiare qualcosa nel mondo occorre una conoscenza scientifica che con le sue scelte etiche, secondo giustizia ed equità, possa indirizzare le scelte politiche del futuro perché per la nostra Fondazione la politica è capacità di progettare il futuro di un mondo rinnovabile riconoscendo però la ricchezza della diversità della natura umana.

Ritornare alla natura dunque significa aggiungere al contratto esclusivamente sociale un contratto naturale di cura, attenzione, rispetto e reciprocità con la Natura in cui la conoscenza e l’impegno prendano il posto del dominio e della proprietà che è sempre una forma di parassitismo.

 Ogni forma di parassitismo, anche quello umano, confonde l’uso con l’abuso delle risorse, prende tutto e non dà nulla e nella smania di trarre sempre il massimo profitto personale, quasi  senza accorgersene, danneggia e distrugge la Natura.

Ne è un ottimo esempio il parassitismo del potere capitalista che accumula e divora tutto, anche la vita delle persone, restituendo spesso illusioni e conflittualità.

Anche il plant blindness può essere visto come una forma di parassitismo umano nei confronti di Gaia, con cui viviamo con un contratto vitale di reciproca simbiosi.

 

La ricerca della nostra Fondazione “Science for Peace. Eu” intende invece occuparsi di tutti e tre gli aspetti medici della patologia di Gaia:

  • le cause del cambiamento climatico che sono la diagnosi (cause antropiche)
  • i possibili rimedi che sono la terapia
  • ed infine le conseguenze che indicano la prognosi

Questo è il metodo scientifico  della nostra Fondazione perché le scienze, non essendo Dio, non possono darci risposte sicure al cento per cento, ma tuttavia costituiscono lo strumento migliore per giungere alle spiegazioni e per formulare previsioni affidabili  dei fenomeni naturali, attraverso osservazioni ed esperimenti,  atti a scoprire le leggi che controllano i processi della Natura.

Se è vero che nella società è la politica a decidere,  è ancor più vero che sui temi di carattere scientifico, le opinioni politiche dovrebbero conformarsi in base alle dimostrazioni scientifiche, riconoscendo che il metodo scientifico è alla base della democrazia. Abbiamo bisogno delle scienze che ci facciano vivere meglio e consentano un benessere circolare.

L’evidenza scientifica non è un opinione, per cui occorre fare rete, attuando banche dati condivise, tra scienziati, politici  e società civile  nel comune sforzo di diffondere la verità, perché la scienza è un metodo di lavoro  indispensabile per aumentare la conoscenza umana e migliorare la qualità di vita di tutto il pianeta, come valore universale per il progresso e la sopravvivenza dell’umanità.

Nel caso dei cambiamenti climatici, la teoria più accreditata sembrava essere quella secondo cui il CO2 era responsabile unico dei gas serra mentre invece si è poi visto dalle ricerche successive che sono responsabili anche altri gas serra, per cui non si parla solo di uno ma di molteplici killers silenziosi, e non sappiamo ancora completamente che non ci siano altre cause letali dei cambiamenti climatici.

Il vero metodo scientifico dunque si basa sul fatto che ogni teoria e ogni affermazione sia presentata, confutata e verificata  da altri scienziati e da altri istituti di ricerca: solo dopo lunghe discussioni una teoria potrà essere considerata davvero scientifica e  patrimonio di tutta la comunità.

Del resto anche in medicina la diagnosi, la terapia e la prognosi  possono arrivare  a un buon livello di certezza mediante lunghi studi clinici e consulti medici.

Questo consulto scientifico la nostra Fondazione lo ha fatto anche per Gaia, arrivando alla conclusione, al di là  di ogni ragionevole dubbio, che le cause della sua malattia  sono molteplici ed antropiche, e cioè che la responsabilità del Global Warming è interamente dovuta alla carenza di politiche ecologiche globali.

Sfortunatamente la prognosi per il clima futuro sembra infausta per le generazioni future,  perché le cause sono progressivamente in atto e la febbre di Gaia non tende a diminuire, in mancanza di terapie adeguate. Ogni anno infatti la malattia di Gaia fa 9 milioni di vittime per aria irrespirabile, acqua e cibo inquinati.

Ma una malattia può essere curata eliminando le cause o attenuando i sintomi quando si verifica il criterio ex adiuvantibus, cioè quando la terapia raggiunge l’omeostasi di Gaia.

Ogni giorno dovremmo  mentalmente  ripetere il mantra “1,5 C° centigradi” (posto anche dagli accordi di Parigi del 2015) perché già un riscaldamento a 2C° centigradi  comporta cambiamenti climatici estremi e virali irreversibili  in tutti i continenti quali: l’emissione di metano dagli oceani e dal permafrost e il completo scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia, con la conseguente morte  del fitoplancton e il conseguente crollo nell’assorbimento della CO2, assassina silenziosa del clima.

Negli ultimi 15 anni poi le ondate di calore hanno causato 100 mila vittime nel nord dell’Europa ed altrettante in Russia e negli USA, anche se gli scienziati dell’ IPCC (Intergovermental Panel on Climate Change) stanno tentando, sotto l’egida dell’ONU, di far rispettare l’accordo di Parigi.

Dovremmo anche ricordare sempre che le emissioni di CO2 nell’atmosfera hanno superato la capacità di assorbimento di CO2 ad opera delle piante e ad opera dei depositi di carbonio nel sottosuolo e negli oceani.

Analogamente, nel caso  del cambiamento climatico  si può intervenire riducendo le concentrazioni  dei gas serra in atmosfera e costruendo difese contro i suoi effetti negativi, mediante la riforestazione dei terreni piantando alberi , prendendo più treni e meno aerei (infatti si calcola che, con l’avvento dei voli low cost, ci sono ogni giorno circa 100 mila aerei che volano contemporaneamente nel mondo), mangiando meno carne, ed installando  sui tetti delle case pannelli solari e promuovendo lo sviluppo sostenibile che deve ridurre le diseguaglianze e proteggere gli ecosistemi anche mediante azioni globali tra le varie nazioni nel mondo.

Il Global Warming è una minaccia globale di killers silenziosi, come lo sono  il terrorismo, gli attacchi informatici degli hackers, le crisi economiche, le epidemie   e soprattutto i rischi di conflitti nucleari e lo stermino per fame nel mondo.

Le responsabilità sono di chi domina il mondo politicamente ed economicamente e di tutti coloro che sono indifferenti o negano il Global Warming: per questo dobbiamo rianimare le coscienze di chi abita il pianeta da incosciente.

 

L’uomo vuole di più di quanto la natura può dare, per cui, oltre alle disuguaglianze, alla povertà e alla giustizia sociale dobbiamo avere la massima attenzione per la giustizia ecologica globale, che ci riguarda tutti; infatti il capitalismo ha plasmato e stravolto il mondo, rendendolo cieco alla fisiologia della vita del pianeta.

La grande cecità sui mutamenti climatici sono anche una “questione morale”,  come Enrico Berlinguer ha definito la corruzione della burocrazia internazionale, corruzione che è anch’essa responsabile del Global Warming. Per questa ragione i burocrati e i leaders politici sono incapaci di affrontare le cause del Global Warming, le negano e ritengono i negoziati sul clima una minaccia al loro stile di vita, spesso corrotto.

E’ in atto una guerra fredda tra negazionisti e ambientalisti, la cui punta dell’iceberg è la guerra dei dazi tra USA, Europa e Cina.

Quest’ultima poi è diventata un vero e proprio predatore di terreni, soprattutto in Africa, ed ha un PIL maggiore di quello degli Stati Uniti e dell’Europa. Poi, con “la nuova via della seta” sta promuovendo la propria personale globalizzazione per intraprendere un vasto piano di infrastrutture con cui tagliare le distanze con Europa, Asia centrale e Africa. Strade, ferrovie, porti con cui far viaggiare merci e persone. Ma anche reti energetiche e fibra ottica, per accelerare la trasmissione dei dati che sono una ricchezza pari al petrolio. Queste guerre economiche stanno turbando sempre più i mercati del cibo e dell’energia e rischiano di provocare una sempre più iniqua distribuzione della ricchezza planetaria e delle risorse del pianeta, generando migrazioni di massa. La ricchezza del PIL delle grandi nazioni è connivente e correa del Global Warming.

I negoziati sul cambiamento climatico potrebbero modificare la gerarchia mondiale del potere capitalistico che, in nome della giustizia climatica, dovrebbe operare profondi tagli sul profitto che è il motore dell’economia e il responsabile delle disuguaglianze.

IL cinismo dei poteri forti e del dio denaro sostiene il sistema energetico attuale, rendendo difficile ogni cambiamento in senso ecologico, mentre la grande cecità sull’emergenza climatica e sui killers silenziosi che la produce e il Plant Blindness, causano la grande accelerazione del Global Warming.

11mila scienziati di 153 paesi (260 italiani), hanno firmato un appello in cui sostengono che “vanno incrementati i nostri sforzi per preservare la vita sul pianeta e evitare indicibili sofferenze”. Gli scienziati ritengono che non è solo un problema legato alla temperatura, ma i mali del pianeta vengono suddivisi in una trentina di sintomi: rispetto a 40 anni fa, quando a Ginevra si parlò per la prima volta del fatto che il clima si stava “ammalando”, sono cresciuti i gas serra, la temperatura dei mari e gli eventi estremi, sono diminuiti i ghiacciai al Polo Nord e al Polo Sud, mangiamo più carne e viaggiamo più spesso in aereo. “Nonostante 40 anni di discussioni e negoziati abbiamo continuato con il nostro business as usual fallendo nel mantenere ogni promessa”. E la natura ci sta presentando il conto e “la crisi climatica sta accelerando ad un passo molto più rapido di quanto molti scienziati si aspettassero. Per garantirci un futuro dobbiamo cambiare le politiche demografiche, economiche, e così puntare su una crescita alimentare sostenibile piuttosto che su un mero aumento del Pil, e alimentari, mangiando più vegetali e meno animali”, per la sopravvivenza del pianeta e delle generazioni future, grazie all’entusiasmo di ragazzi come Greta, di uomini e donne planetarie di buona volontà e soprattutto grazie al contributo di ricercatori impegnati come quelli del “World Green Gaia’s University”della nostra Fondazione.

I dipartimenti di psicologia e psicopolitica della nostra Fondazione hanno scoperto che la maggior parte delle persone non vuole prendere coscienza delle crisi economiche in atto perché si trova intrappolata nel dilemma tra il desiderio di continuare a vivere secondo gli standard di benessere che hanno causato le crisi economiche e climatiche ed ecologiche e la minimizzazione o negazione del global warming, spingendo il consumismo del pianeta in un vicolo cieco.

Solo il Club di Roma nel 1992 con la sua ricerca sui “limiti dello sviluppo” ha focalizzato il problema della prevenzione e delle conseguenze sanitarie politiche ed ambientali della crescita senza limiti.

E questo perché le persone hanno paura e non vogliono perdere il proprio benessere.

C’è una minoranza che consuma troppa energia come le grandi multinazionali che vedono solo il profitto da conseguire anche con la violenza che aumenterà con l’intensificazione del global warming.

Dopo il collasso di sistemi politici e dopo le molte crisi umanitarie ed economiche, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale continuano a comportarsi secondo quella che Naomi Klein definì in un suo libro la “Shock Economy” (che ci racconta come disastri naturali, crisi economiche e guerre rappresentino ormai da decenni una ghiotta occasione su cui si avventano gli avvoltoi della nuova finanza), favorendo le aziende, anche straniere, che intendono lavorare solo per il profitto, usando sconsideratamente la pubblicità e il marketing per vincere sulla concorrenza e alimentando così la spirale, spesso sconsiderata, della crescita e dei consumi.

Ciascun paese industrializzato vuole essere campione mondiale delle esportazioni anche attuando uno sfruttamento delle risorse planetarie e le nefaste guerre dei dazi come quella scatenata dal Presidente USA Trump o quella tra Russia e Cina.

La crescita economica dei paesi industrializzati comporta sempre lo sfruttamento di risorse e di lavoro con danni umani ed ambientali, i problemi economici vengono ridotti a problemi finanziari, protesi al profitto e orchestrati da grandi lobbies, mentre una distribuzione più equa della ricchezza renderebbe le persone più sane, meno arrabbiate e violente e con meno disturbi mentali. Infatti per la nostra Fondazione la mission dell’economia dovrebbe essere quella di dare a tutti il benessere ed il godimento dei beni comuni (common Good), mentre lo sfruttamento senza limiti delle risorse comporta la perdita della biodiversità, la distruzione della natura e molte pandemie ansioso-depressive.

Purtroppo la macchina finanziaria è senza freni e non si ferma; convincere i colossi della finanza a rinunciare anche ad una sia pur piccola fetta di profitti, sarebbe un risultato senza precedenti, ma i colossi finanziari sono i veri padroni della terra dove la paura del global warming si sta trasformando in rabbia.

La lotta della nostra Fondazione contro il Global Warming, mediante la conoscenza scientifica è comparabile alla lotta tra Davide e Golia, ma sappiamo bene che tutte le iniziative importati e innovative non possono conseguire risultati rapidi, perché tali cambiamenti richiedono tempi lunghi di alcune generazioni.

Noi ci sentiamo in linea con quella che viene definita  “Natural Climate Solution”, che si propone di indirizzare la lotta ai cambiamenti climatici in tre direzioni:

  • Reducing greenhouse gas emissions, such as carbon dioxide (CO2), related to land use and changes in land use.
  • Capturing and storing additional carbon dioxide from the atmosphere.
  • Improving resilience of ecosystems, thereby helping communities adapt to the increase in flooding and dry spells associated with climate change.

Ci sentiamo anche molto vicini alle posizioni del movimento “Extinction Rebellion” che crede nell’importanza della Non violenza, nel lasciare la nostra “confort zone” per agire un cambiamento degli stili di vita, nella pace, nella scienza, nell’altruismo, nella condivisione di conoscenza e nel profondo rispetto per l’ecosistema nel quale viviamo.

Ma il nostro maggior auspicio è che ogni Paese membro dell’ONU dovrebbe istituire un proprio Ministero per l’economia equa e solidale, estesa anche alle generazioni future perché la Terra, Gaia, è la casa comune dell’umanità e, come dice Papa Francesco nella sua enciclica “Laudato sii” ““la protezione ambientale non può essere assicurata solo sulla base del calcolo finanziario di costi e benefici. L'ambiente è uno di quei beni che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere o di promuovere adeguatamente”, per cui serve “un'ecologia integrale, fatta anche di semplici gesti quotidiani con i quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell'egoismo e della globalizzazione dell’indifferenza”.